L'aquilone e la mano
Un giorno l'aquilone e la mano si incontrarono.
Un incontro casuale, fuori dal paese dove entrambi abitavano. All'inizio della loro conoscenza capirono subito che qualcosa di speciale sarebbe successo, ma erano un po' timorosi nel lasciarsi andare, perché entrambi vivevano situazioni non proprio semplici, rese ancora più complicate da quello che li circondava. Piano piano, giorno dopo giorno, incominciarono a voler fare delle cose assieme, a condividere le loro vite, a voler costruire, o almeno a provarci, qualcosa di grande e giusto. Incominciarono così a confessarsi del perché avevano quelle cicatrici e quelle ferite aperte e sanguinanti. Si resero conto che, entrambi, avevano un'esperienza di vita molto simile e che il loro dolore, le loro emozioni, i loro pensieri e il loro “giusto” e “sbagliato”, erano molto simili. L'aquilone aveva un carattere forte, determinato, spericolato. Non era per niente timido... un sognatore! Era convinto che se il vento non soffiava, lui doveva creare qualcosa che lo sostituisse, ma che avesse la stessa funzione, farlo volare. Era nato per volare libero nel cielo e non stare a terra fermo. Non amava stare dove c'era troppa confusione, dove tutto era troppo uguale, dove tutto sembrava una cosa e invece era un'altra. Amava la limpidezza del cielo, rispettava il calore del sole, temeva e stimava la forza del temporale che, impetuoso, si imponeva nelle calde giornate d'estate. Amava tutto ciò, perché, quella per lui, era sincerità, il non dover far finta di essere altro. Conosceva anche la paura, quella vera , quella che ti paralizza, ma la voglia di volare era sempre più forte e lei vinceva, pur consapevole che si sarebbe fatto male... tanto male. Ma anche il dolore aveva meno importanza della voglia di volare, perché lui era nato per volare e quello doveva fare! La mano era forte, determinata e molto diffidente, La sua diffidenza era la sua corazza, il suo modo di difendersi da nuove delusioni, da nuove sofferenze. |
Amava starsene in disparte e se usciva andava in posti nuovi dove nessuno la conosceva. Anche lei, come l'aquilone, era delusa e arrabbiata dalla falsità che la circondava e ormai non credeva più che la sincerità esistesse. Le piaceva ridere, scherzare e le sue lacrime le condivideva solo con il suo cuscino, perché, non voleva far conoscere la sua sofferenza. Tutto attorno a sé doveva essere in ordine, programmato, preciso e nulla deve essere lasciato al caso. La mano era RE e SERVITU' di se stessa. L'aquilone, da anni, era diventato custode di due piccole, fragili, pietre preziose, Il suo compito era quello di proteggerle, di non permettere a nessuno di sfregiarle o spezzarle, ma, allo stesso tempo di renderle libere di scoprire il mondo. Non era per niente facile, le insidie erano tante e l'aquilone doveva vagare sempre in posti nuovi per combatterle.
Anche la mano era custode di una bellissima pietra lucente, anch'essa fragile e indifesa. Il suo compito era quello, come per l'aquilone, di proteggerla, renderla forte e far sì che la sua luce diventasse abbagliante così che il mondo si accorgesse di lei. Ecco perché il loro incontro fu speciale; sia la mano che l'aquilone condividevano lo stesso destino: essere custodi e maestri di quelle piccole, preziose e fragili pietre. Il loro incontro fu l'inizio di un lungo cammino assieme, certo non facile, il più delle volte doloroso e deludente, ma la fermezza dell'una (la mano) e la follia dell'altro ( l'aquilone) permisero loro di iniziare a costruire qualcosa di grande e speciale per quelle piccole, fragili e meravigliose pietruzze. Incominciarono così a viaggiare in lungo e in largo, per il mondo, in cerca di quello che sarebbe stato il luogo giusto per le piccole pietre. La ricerca cominciò! Cercavano altre mani e altri aquiloni, nella speranza che loro avessero già trovato quel luogo o che almeno sapessero dov'era. Si accorsero che nessuno sapeva... nessuno ne aveva mai sentito parlare... qualcuno insinuava che quel posto non esistesse e che il destino di quelle piccole pietre lucenti, era quello di spegnersi, perché a nessuno interessava e piaceva quella luce. L'aquilone e la mano si guardarono, il loro sguardo era triste, il loro stato d'animo era malinconico. Allora l'aquilone con fare deciso disse: “Io voglio volare, provare e cercare... io, non mi arrendo!” La mano rispose: “Anch'io vorrei farlo, ma, nessuno ha mai sentito parlare di quel luogo, addirittura che non esiste e che le nostre pietre devono spegnersi”. Aquilone: ”Io non ci credo! Non voglio crederci! Cerchiamolo assieme, proviamoci. Se non lo troveremo, allora, lo costruiremo io e te insieme. Mano: “Lo sai che non sarà per niente facile, non sappiamo neanche da dove cominciare! Costruirlo poi... e come?” L'aquilone sapeva che la mano aveva ragione, ma lui voleva volare. Il dolore più grande, per lui, sarebbe stato quello di non averci neanche provato. Questa determinazione gli veniva dalla certezza che anche la mano l'avrebbe seguito, perché anche lei voleva che la sua piccola pietruzza brillasse. Incominciarono a vagare, senza una meta precisa, timorosi ed emozionati, stringendo a sé le piccole pietre. Lungo il viaggio incontrarono altre mani e altri aquiloni, li vedevano stanchi, delusi arrabbiati e scoraggiati. Nessuno di loro aveva più voglia di viaggiare, di cercare! Quando, vedevano passare la mano e l'aquilone, insieme, li guardavano con aria sospetta. Non capivano dove volessero andare. Anche loro erano custodi di piccole pietre, alcune di loro brillavano, altre avevano una luce fioca, altre ancora erano quasi spente. L'aquilone e la mano si guardarono, in quello stesso momento decisero di chiedere ai custodi se qualcuno volesse dar loro le piccole pietre per portarle in luoghi sconosciuti. Da lì a poco non erano più custodi di tre pietre ma di un gruppetto più numeroso.
Incominciarono un viaggio di scoperta, conobbero mari e panorami nuovi. Incontrarono altre pietre, altre mani e altri aquiloni. Non sempre, gli incontri erano piacevoli, capitava che si imbattessero in luoghi dove venivano cacciati o addirittura neanche accolti. La mano e l'aquilone erano tristi, sembrava che nulla cambiasse, che nessuno li volesse. C'erano attimi di cedimento, si interrogavano se valesse la pena di cercare ancora. Le piccole pietre, che erano con loro, non si accorgevano della delusione e sofferenza dei loro nuovi custodi, anzi, erano felici e la loro luce era diventata più luminosa. L'aquilone e la mano li guardavano con tenerezza e affetto profondo. Quella luce nuova che le piccole pietre sprigionavano, era il motivo per cui, malgrado tutto, non riuscivano a non viaggiare più. Continuarono a viaggiare in mari sempre più aperti, a volte capitava, che si fermassero, davano così modo alle piccole pietre di farsi vedere, di farsi conoscere. Erano attimi di felicità, perché lo sguardo di chi le guardava non era più duro e severo, ma tenero e divertito. Un giorno all'aquilone venne una nuova idea e disse: “Mano, che ne pensi se, oltre che a viaggiare con te, vado a fare un giro in quei luoghi dove, da piccole, andavamo anche noi?”. Là di sicuro non conoscono le nostre preziose pietre. Potrei raccontare e spiegare loro, chi sono e perché la loro luce è così bella.” La mano, sempre un po' scettica, rispose: “Potrebbe essere un viaggio utile, non conto molto sul risultato, ma credo tu possa andare e vediamo cosa succede.”
L'aquilone cominciò quel viaggio da solo. Rimase sconcertato dalla scoperta che fece. ...In quei luoghi tutti sapevano dell'esistenza delle piccole, fragili pietruzze, ma nessuno le voleva, perché facevano paura. Allora, cominciò a raccontare e spiegare, osò anche portare alcune pietruzze con sé, per farle conoscere e vedere da vicino. Far così capire che non c'era nessun motivo di aver paura di loro. Ogni volta che l'aquilone lasciava quei luoghi si accorgeva che pietre diverse da quelle che lui custodiva, lo seguivano. Quelle pietre volevano conoscere e star assieme alle piccole pietruzze fragili, dicevano di non aver più paura. L'aquilone quanto ritornava da questi viaggi, correva dalla mano a raccontare quello che aveva scoperto e orgoglioso gli faceva conoscere le nuove pietre diverse. Diceva: “guarda mano, queste pietre sono nuovi compagni di viaggio per noi e per le nostre pietruzze!!!” La mano, sorpresa e felice diceva: “che stia cambiando qualcosa?”.
Forse sì o forse c'era solo bisogno che qualcuno raccontasse, spiegasse e dimostrasse che si poteva e doveva guardare anche in altro modo. L'aquilone e la mano continuarono il loro viaggio, non mancavano le delusioni, non mancavano le difficoltà. Ma quando si fermavano e si giravano indietro, vedevano quanto il loro viaggio era servito. Vedevano quanto avevano costruito e, soprattutto, vedevano quanto le piccole pietruzze brillavano di luce propria. Il loro viaggio continuava; a volte la mano, con fermezza, tratteneva l'aquilone che voleva volare sempre più in alto. Altre volte, l'aquilone trasportava la mano in un volo che lei non aveva mai fatto e gli faceva scoprire qualcosa di nuovo. L'aquilone e la mano, ancora oggi, stanno viaggiando, in cerca del luogo giusto per le loro piccole, fragili, meravigliose pietruzze. Forse non lo troveranno mai, ma certo è che quando si fermano e si guardano indietro possono vedere che “il luogo giusto” lo stanno costruendo!
Anche la mano era custode di una bellissima pietra lucente, anch'essa fragile e indifesa. Il suo compito era quello, come per l'aquilone, di proteggerla, renderla forte e far sì che la sua luce diventasse abbagliante così che il mondo si accorgesse di lei. Ecco perché il loro incontro fu speciale; sia la mano che l'aquilone condividevano lo stesso destino: essere custodi e maestri di quelle piccole, preziose e fragili pietre. Il loro incontro fu l'inizio di un lungo cammino assieme, certo non facile, il più delle volte doloroso e deludente, ma la fermezza dell'una (la mano) e la follia dell'altro ( l'aquilone) permisero loro di iniziare a costruire qualcosa di grande e speciale per quelle piccole, fragili e meravigliose pietruzze. Incominciarono così a viaggiare in lungo e in largo, per il mondo, in cerca di quello che sarebbe stato il luogo giusto per le piccole pietre. La ricerca cominciò! Cercavano altre mani e altri aquiloni, nella speranza che loro avessero già trovato quel luogo o che almeno sapessero dov'era. Si accorsero che nessuno sapeva... nessuno ne aveva mai sentito parlare... qualcuno insinuava che quel posto non esistesse e che il destino di quelle piccole pietre lucenti, era quello di spegnersi, perché a nessuno interessava e piaceva quella luce. L'aquilone e la mano si guardarono, il loro sguardo era triste, il loro stato d'animo era malinconico. Allora l'aquilone con fare deciso disse: “Io voglio volare, provare e cercare... io, non mi arrendo!” La mano rispose: “Anch'io vorrei farlo, ma, nessuno ha mai sentito parlare di quel luogo, addirittura che non esiste e che le nostre pietre devono spegnersi”. Aquilone: ”Io non ci credo! Non voglio crederci! Cerchiamolo assieme, proviamoci. Se non lo troveremo, allora, lo costruiremo io e te insieme. Mano: “Lo sai che non sarà per niente facile, non sappiamo neanche da dove cominciare! Costruirlo poi... e come?” L'aquilone sapeva che la mano aveva ragione, ma lui voleva volare. Il dolore più grande, per lui, sarebbe stato quello di non averci neanche provato. Questa determinazione gli veniva dalla certezza che anche la mano l'avrebbe seguito, perché anche lei voleva che la sua piccola pietruzza brillasse. Incominciarono a vagare, senza una meta precisa, timorosi ed emozionati, stringendo a sé le piccole pietre. Lungo il viaggio incontrarono altre mani e altri aquiloni, li vedevano stanchi, delusi arrabbiati e scoraggiati. Nessuno di loro aveva più voglia di viaggiare, di cercare! Quando, vedevano passare la mano e l'aquilone, insieme, li guardavano con aria sospetta. Non capivano dove volessero andare. Anche loro erano custodi di piccole pietre, alcune di loro brillavano, altre avevano una luce fioca, altre ancora erano quasi spente. L'aquilone e la mano si guardarono, in quello stesso momento decisero di chiedere ai custodi se qualcuno volesse dar loro le piccole pietre per portarle in luoghi sconosciuti. Da lì a poco non erano più custodi di tre pietre ma di un gruppetto più numeroso.
Incominciarono un viaggio di scoperta, conobbero mari e panorami nuovi. Incontrarono altre pietre, altre mani e altri aquiloni. Non sempre, gli incontri erano piacevoli, capitava che si imbattessero in luoghi dove venivano cacciati o addirittura neanche accolti. La mano e l'aquilone erano tristi, sembrava che nulla cambiasse, che nessuno li volesse. C'erano attimi di cedimento, si interrogavano se valesse la pena di cercare ancora. Le piccole pietre, che erano con loro, non si accorgevano della delusione e sofferenza dei loro nuovi custodi, anzi, erano felici e la loro luce era diventata più luminosa. L'aquilone e la mano li guardavano con tenerezza e affetto profondo. Quella luce nuova che le piccole pietre sprigionavano, era il motivo per cui, malgrado tutto, non riuscivano a non viaggiare più. Continuarono a viaggiare in mari sempre più aperti, a volte capitava, che si fermassero, davano così modo alle piccole pietre di farsi vedere, di farsi conoscere. Erano attimi di felicità, perché lo sguardo di chi le guardava non era più duro e severo, ma tenero e divertito. Un giorno all'aquilone venne una nuova idea e disse: “Mano, che ne pensi se, oltre che a viaggiare con te, vado a fare un giro in quei luoghi dove, da piccole, andavamo anche noi?”. Là di sicuro non conoscono le nostre preziose pietre. Potrei raccontare e spiegare loro, chi sono e perché la loro luce è così bella.” La mano, sempre un po' scettica, rispose: “Potrebbe essere un viaggio utile, non conto molto sul risultato, ma credo tu possa andare e vediamo cosa succede.”
L'aquilone cominciò quel viaggio da solo. Rimase sconcertato dalla scoperta che fece. ...In quei luoghi tutti sapevano dell'esistenza delle piccole, fragili pietruzze, ma nessuno le voleva, perché facevano paura. Allora, cominciò a raccontare e spiegare, osò anche portare alcune pietruzze con sé, per farle conoscere e vedere da vicino. Far così capire che non c'era nessun motivo di aver paura di loro. Ogni volta che l'aquilone lasciava quei luoghi si accorgeva che pietre diverse da quelle che lui custodiva, lo seguivano. Quelle pietre volevano conoscere e star assieme alle piccole pietruzze fragili, dicevano di non aver più paura. L'aquilone quanto ritornava da questi viaggi, correva dalla mano a raccontare quello che aveva scoperto e orgoglioso gli faceva conoscere le nuove pietre diverse. Diceva: “guarda mano, queste pietre sono nuovi compagni di viaggio per noi e per le nostre pietruzze!!!” La mano, sorpresa e felice diceva: “che stia cambiando qualcosa?”.
Forse sì o forse c'era solo bisogno che qualcuno raccontasse, spiegasse e dimostrasse che si poteva e doveva guardare anche in altro modo. L'aquilone e la mano continuarono il loro viaggio, non mancavano le delusioni, non mancavano le difficoltà. Ma quando si fermavano e si giravano indietro, vedevano quanto il loro viaggio era servito. Vedevano quanto avevano costruito e, soprattutto, vedevano quanto le piccole pietruzze brillavano di luce propria. Il loro viaggio continuava; a volte la mano, con fermezza, tratteneva l'aquilone che voleva volare sempre più in alto. Altre volte, l'aquilone trasportava la mano in un volo che lei non aveva mai fatto e gli faceva scoprire qualcosa di nuovo. L'aquilone e la mano, ancora oggi, stanno viaggiando, in cerca del luogo giusto per le loro piccole, fragili, meravigliose pietruzze. Forse non lo troveranno mai, ma certo è che quando si fermano e si guardano indietro possono vedere che “il luogo giusto” lo stanno costruendo!